VIAREGGIO. Hanno emozionato il pubblico dei viali a mare, lasciando a bocca spalancata gli spettatori e strappando loro un applauso. Hanno offerto un colpo d’occhio straordinario in Piazza Mazzini, grazie anche alla ricercatezza dei loro costumi. E hanno diviso in due fazioni, tanto per gradire, il popolo di Burlamacco. Le coreografie, sempre più indispensabili sui carri di prima e seconda categoria e persino tra le mascherate a piedi, sono state uno degli elementi caratteristici dell’ultima edizione del Carnevale di Viareggio.

Di particolare impatto visivo è stato il corteo di figuranti a bordo e davanti a “La Rete”, la costruzione di Alessandro Avanzini che ha trionfato non senza polemiche in prima categoria. Merito anche delle coreografie dirette da Chiara Cinquini, eseguite con movenze quasi robotiche sulle note di musiche techno e house tratte dal film “Matrix”. Curiosità: fino allo scorso anno era Angelo Bertini a coordinare le danze. Della serie: cambiano i suonatori – o meglio, i coreografi -, ma la musica – cioè gli altoparlanti che annunciano la vittoria di Avanzini – rimane la stessa.

foto Mauro Pucci
foto Mauro Pucci

Più chiassose e dirompenti, invece, le maschere di “Hysteria”, il carro dei coniugi Lebigre che in molti avevano indicato come possibile vincitore: uomini e donne si sono travestiti da infermiere o medici, con tanto di parrucca rossa, palloncini colorati e citazioni dalla Costituzione italiana sul camice, con in sottofondo le note delle canzoni di Luca Bassanese e il “Si può fareeeee” tratto dal film “Frankenstein Junior”.

Che dire dei fratelli Stefano e Umberto Cinquini per il loro omaggio a quel John Lennon che promuoveva la pace e l’amore con i suoi brani? Un lunghissimo telone nero celava i figuranti del carro – ma, come hanno detto i carristi stessi, forse questa definizione inizia ad essere riduttiva -, Umberto Cinquini dava inizio alle danze urlando “Revolution” nel microfono e come per incanto sbocciavano i “fragoloni” per scatenare una rivoluzione al grido di “Peace & Love”. Fabrizio Galli, autore di “Non entrare in quel portale”, si è invece affidato a un gruppo di ballerini guidati da Maria Chiara Gori e a simboli quali emoticon di Facebook o frecce del mouse per la coreografia, impreziosita dal luccichio dei cd appiccicati sui costumi delle maschere,

Inevitabile, per “La penisola sommersa” dei fratelli Bonetti, la scelta delle musiche della pellicola “I pirati dei Caraibi”: qui il valore aggiunto della costruzione era il corteo a terra con i magnifici costumi colorati con il verde acqua e l’azzurro del mare. Un’autentica onda umana straripante. Più semplice ed essenziale la coreografia voluta da Massimo Breschi per l’esercito di Burlamacchi che scortava il suo “Carro…armato di allegria”: quando il volto di Re Carnevale era intrappolato dentro il tank, i figuranti usavano il mantello del costume a mo’ di cappuccio mentre le casse diffondevano l’apocalittico “Dies irae”. Poi, all’improvviso, un tripudio di colori, coriandoli e allegria con la canzone che ha poi vinto il premio per la miglior colonna sonora.

foto Mauro Pucci
foto Mauro Pucci

Simone Politi e Priscilla Borri hanno ripiegato sul poema sinfonico “Una notte sul Monte Calvo” di Modest Musorgskij, reso celebre dal film disneyano “Fantasia” – e pure dal carro “I vampiri” di Avanzini del 1993. Roberto Vannucci, sul suo “Figli di un dio minore”, non poteva che sfoderare il repertorio dei Queen: la coreografia era incentrata su “We will rock you” e “Don’t stop me now” – non a caso alcuni figuranti hanno vissuto come un “affronto” che Avanzini abbia scelto quella canzone per festeggiare la vittoria… – e sui costumi che giocavano sul contrasto tra il bianco del vestito e il bronzo delle aliNon potevano che essere una tribù di indiani i figuranti di Franco Malfatti, intenti a riprodurre una sorta di danza della pioggia (o meglio, del sole, viste le condizioni meteo che hanno accompagnato il Carnevale), mentre le maschere del carro di Carlo Lombardi, vestite di bianco o con i colori della bandiera italiana, hanno ballato la canzone ufficiale della costruzione.

Anche nelle categorie minori, dicevamo, non sono mancate le coreografie. Come dimenticare la dirompente allegria dei giullari di “Scherzo di Carnevale?”, la dolcezza dei bagnini e bagnanti retrò di “Ultima spiaggia” o l’irrinunciabile carica di divertimento della “ciurma” di Emilio Cinquini? Nelle mascherate di gruppo, poi, Luca Bertozzi e Marzia Etna – e perfino Andrea Pucci nelle isoltate – hanno sfilato accompagnati da un gruppo di figuranti travestiti con costumi legati al tema della costruzione.

foto Mauro Pucci
foto Mauro Pucci

Non tutti, come detto, hanno accolto con benevolenza i balli: qualcuno, denotando una certa vis polemica, ha parlato senza mezzi termini di “morte del Carnevale”. Per la cronaca, è un tormentone che si trascina da quando trionfò – guarda caso – Avanzini con “Avanti miei Prodi”, dove la satira politica era espressa anche con le musiche di Vangelis o Schostakovich. In sintesi: tutto ciò che nel Carnevale viene imposto – in questo caso le coreografie, che nascono da mesi di prove negli hangar – va contro la natura stessa del Carnevale. Della serie: “Ma vuoi mettere quando le coreografie si facevano con i pon-pon e basta?”.

La storia del Carnevale, tuttavia, ci insegna che è una manifestazione destinata ad evolversi nel tempo. E, a proposito di “imposizioni”, sarebbe sciocco forzare un carrista a non avvalersi di una coreografia se la ritiene funzionale al suo progetto artistico. Come ha evidenziato un recente articolo de La Nazione, l’aspetto più intrigante risiede nel fatto che persone comuni, viareggini che tutti i giorni svolgono i mestieri più disparati, decidono di trascorrere serate di prove e prove senza chiedere nulla in cambio. In fondo, vogliono soltanto sentirsi protagonisti del Carnevale. E poiché il Carnevale è prima di tutto uno stato d’animo, non tutte le coreografie sono uguali: ciascuna di esse ha la sua peculiarità. A ognuno il suo Carnevale, allora.

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ultimo aggiornamento: 13-03-2014


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